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Cibi Criminali, Food

L’incidente di Goiânia

La storia di uno strano (e un po’ folle) episodio di contaminazione radioattiva che provocò 4 morti accertate,  54 feriti gravi, 112.000 persone sotto osservazione e la distruzione di decine di case e palazzi.

Durante un audit aziendale ci è stato chiesto se i fornitori di carni brasiliane che stavamo utilizzando erano stati valutati anche per il rischio radiologico.

Ora, il rischio radiologico lo valutiamo sempre ma normalmente (per la maggior parte dei prodotti) risulta un rischio trascurabile…. E invece….

… e invece… non abbiamo preso in considerazione l’incidente di Goiania che merita di essere raccontato.

Almeno per la sua assurdità.

Per farlo dobbiamo andare in Brasile in una sera di settembre del 1987, e mentre al cinema danno un film di Herbie il maggiolino matto (che come vedremo sarà un fattore determinante), due companeros, Alves e Pereira, si stanno aggirando intorno a una vecchia e fatiscente struttura abbandonata. Si tratta di una ex clinica che due anni prima fu trasferita in una nuova sede, lasciando però dell’attrezzatura perché oggetto di una disputa legale e, poiché di un certo valore, sottoposta a sorveglianza. Ma torniamo ai nostri due amici che stanno gironzolando proprio intorno alla struttura. Ai nostri ragazzi viene la brillante idea di entrare nella struttura e cercare di recuperare qualcosa, se qualcosa è rimasto. Diversi edifici sono in completo degrado e vengono usati spesso dai barboni per dormire. Proprio quella sera, la guardia responsabile della sicurezza non si fece vedere, si dichiarò malata. Approfittando dell’assenza della guardia i due si intrufolano nell’edificio e iniziano a cercare qualcosa che possa avere un po’ valore.
e fin qui …. non è una gran storia… non è la versione brasiliana de “i soliti ignoti”
e invece … il loro innocuo furto si concluderà con quattro morti accertate, 54 feriti gravi, 112.000 persone sotto osservazione e la distruzione di decine di case e palazzi. Ma andiamo con calma. I nostri due eroi dopo alcune ore di ricerca non trovano nulla di molto di utile, ma entrando nell’ennesima stanza abbandonata vedono qualcosa di interessante: un oggetto che era a metà strada tra una sedia per dentisti e un telescopio. Tutto circondato da escrementi umani e immondizia ma apparentemente intatto. I due caricano l’oggetto su una carriola, recuperano un altro po’ di ciarpame e quindi tornano a casa. Una volta arrivati a casa iniziano a fare a pezzi quello che hanno trovato con l’idea poi di vendere il metallo a un robivecchi loro amico che abita lì vicino.
Durante il lavoro non si sentono molto bene ma non si fermano e vanno avanti. La loro tenacia viene premiata. All’interno del marchingegno trovano una piccola capsula. L’oggetto è di appena 5 cm di diametro e 5 cm di altezza, è bello pesante e sembra nascondere, o proteggere, qualcosa di importante e ha una specie di apertura su un lato ma chiusa. I due cercano di forzare l’apertura in ogni modo, ma non ci riescono. Il giorno dopo Pereira non si sente molto bene, ha la diarrea, le vertigini e ha una mano gonfia con la pelle mostra una profonda bruciatura dell’esatta forma dell’apertura del cilindretto. l’uomo va all’ospedale, dove gli viene diagnosticata un’intossicazione alimentare e viene quindi rispedito a casa. Un mese dopo perderà l’intero braccio. Il suo compagno intanto non ha smesso di cercare di aprire il cilindretto e, seduto sotto un albero di mango nel suo cortile di casa, aiutandosi con un cacciavite, riesce finalmente ad aprire un piccolo buchetto nel cilindro, molto soddisfatto avvicina l’occhio all’apertura e guarda all’interno.
Ma dentro all cilindro non trova che un qualche genere di polvere gessosa. Non contento, Inizia a cercare di allargare il buco con il cacciavite ma il metallo è troppo resistente. Così si limita a infilarci dentro la punta per estrarre un po’ di quella sostanza pensando che fosse un tipo di polvere da sparo e cercando persino di accenderla senza successo. Dopo averci giocato un po’ Alves si stufa, non trova utile l’oggetto e così lo mette insieme agli altri pezzi che ha raccolto e lo porta da Ferreira, il robivecchi suo amico. L’uomo si fa carico di tutto e paga il buon Alves 25 dollaroni. Ferreira scarica i rottami nel suo garage per poi pensarci il giorno seguente. Ma la sera stessa, qualcosa, nel buio, attira la sua attenzione. C’è una luce azzurra che proviene da sotto la porta del garage. Qualcosa nei rottami emana luce. Si mette a ravanare e trova il cilindretto con l’apertura bucata, da quel piccolo buco esce una misteriosa luminescenza. L’uomo pensa quello che avremmo pensato tutti: wow!! l’oggetto è magico! O forse soprannaturale, di sicuro deve avere qualche potere. Così lo prende e lo porta a casa. Magari se ne può ricavare abbastanza per fare un anello per la moglie.
Nei giorni successivi Ferreira mostra l’oggetto alla famiglia, ai vicini, ai parenti e, insomma a tutti i suoi amici. L’uomo riesce, con l’aiuto di un cacciavite, a estrarre diversi grani della misteriosa sostanza che distribuisce un po’ a tutti.
Il fratello se ne sparge un po’ sul dito e si disegna una croce sul petto. La moglie Gabriela se la sparge sui vestiti. La polvere magica attira la curiosità di ogni persona nei dintorni. In diversi la usano come un glitter.
Poco dopo però Gabriela, non si sente per niente bene.
Un paio di giorni dopo Ferreira vende tutto a un altro robivecchi, ma non prima che suo fratello riuscisse a estrarre ancora un po’ di polvere magica e portarla a casa sua.
Tornato a casa, il fratello di Ferreira lascia cadere un po’ di polvere sul pavimento. La polvere che brilla attira l’attenzione della sua giovane figlia Leida. La bambina si sparge la polvere addosso per farsi ammirare dalla mamma.
La moglie di Ferreira, Gabriela, che appunto non stava per niente bene, fu la prima a notare che molte delle persone intorno a lei cominciavano a sentirsi male. Sembrava che decine di persone si stessero ammalando, tutte insieme, tutte nella stessa zona. La sua zona. La sua casa.
Qualcosa non quadra, non ha idea di cosa, ma tutto è iniziato quando è arrivata quella misteriosa polvere azzurra.
Il 28 settembre, ossia 15 giorni dopo che l’apparecchio fu trovato, Gabriela si trascina fuori di casa, raggiunge il robivecchi al quale il marito ha venduto tutto, lo ricompra e recupera i resti. Dopo averli chiusi in un sacchetto di plastica, li trasporta in autobus fino all’ospedale più vicino. Arrivata all’ospedale viene prontamente visitata e, fortunatamente qualcuno ascolta la sua storia, i medici controllano i resti del ciarpame che si è portata dietro. Gli strumenti di rilevazione non lasciano dubbi: contaminazione radioattiva.
Il personale medico reagisce con prontezza, viene avvisata la municipalità, lo stato e il governo nazionale.
In poco tempo la zona si riempie di medici, militari e contatori geiger.
La mattina del 29 settembre venne convocato un fisico in ospedale: questi, con l’aiuto di un contatore a scintillazione, confermò la presenza di radioattività. Durante tutta la giornata esaminò il materiale fino ad avvertire le autorità del pericolo invitandoli a intraprendere un’azione immediata. Le autorità cittadine e nazionali vennero quindi a conoscenza della vicenda entro quella stessa sera.
Tutta la popolazione dell’area viene messa sotto osservazione mentre si traccia il percorso di ogni singolo granello. La polvere magica non è altro che il Cesio-137 che veniva usato per le radioterapie.
Il suo potere non è di dare la buona fortuna, ma di rilasciare raggi Gamma.
Un cilindro per terapie RTx è protetto da diversi strati, il più esterno è fatto solitamente in piombo e protegge un cilindro interno che racchiude il materiale radioattivo, solitamente Cobalto-60. In questo caso Cesio-137.
Il personale medico riesce a isolare 54 persone che risultano aver sofferto una contaminazione di alto livello, i pazienti vengono lavati per giorni e giorni di seguito mentre si cerca di fargli espellere tutto il cesio attraverso lassativi e lavande gastriche.
Contemporaneamente tutti gli oggetti venuti a contatto con il cesio vengono distrutti e intere abitazioni vengono demolite, perché è l’unico modo per decontaminare.

Iin conclusione, la pronta reazione del governo brasiliano evitò il peggio. Nonostante la dispersione le operazioni di contenimento riuscirono ad arginare il pericolo. Circa 130.000 persone invasero gli ospedali. In circa 250 persone furono trovati, grazie all’uso di contatori Geiger, residui radioattivi sulla pelle. Alla fine, 20 persone mostrarono segni di sindrome acuta da avvelenamento da radiazioni rendendo necessario il trattamento richiesto. Complessivamente le morti collegate all’incidente di Goiana furono “solo” quattro.
La piccola Leida, che quando fu trovata dalle squadre speciali era stata isolata da sola in una stanza di ospedale perché il personale aveva paura ad avvicinarsi, nonostante i trattamenti, l’ingestione del cesio non le lasciò scampo. Il suo corpo fu bruciato e i resti sepolti in una bara di piombo.
Gabriela Ferreira, la donna che diede l’allarme alle autorità, le sue condizioni si aggravarono con sanguinamenti interni multipli, morì circa un mese dopo l’esposizione. Probabilmente Gabriela cone le sue azioni salvò molte vite. morirono anche due giovani di 22 e 18 anni che lavoravano per Ferreira e che trattarono i materiali metallici portati al robivecchi. Ferreira fu più fortunato, sopravvisse nonostante fosse stato esposto a dosi di radiazioni considerate mortali morì nel 1994 devastato dall’alcol e dalla depressione.
Lo strato di terra superficiale dell’intera area contaminata dovette essere rimosso e diverse case furono demolite. Inoltre tutti gli oggetti all’interno delle abitazioni contaminate rimaste furono rimossi ed esaminati. Quelli che risultarono privi di radioattività furono avvolti in sacchetti di plastica, mentre quelli contaminati vennero, se possibile, decontaminati oppure smaltiti come rifiuti radioattivi.
L’operazione di pulizia fu molto più difficile del previsto perché la sorgente di cesio venne aperta, spargendo il materiale attivo, molto difficile da eliminare perché solubile in acqua. L’ultimo protagonista di questa storia è ancora oggi Rio de Janeiro, conservato nella Escola de Instrução Especializada, un piccolo cilindro di metallo con un buco di cacciavite sull’apertura, ormai vuoto, resta in bella vita come tributo a tutti coloro che rischiarono la vita per decontaminare un’intera città. E come memento di quanti danni possa causare l’ignoranza umana.

Nota a margine la macchina in uso nell’unità di radioterapia del centro, era una Cesapan F-3000, che fu progettata da una ditta Italiana negli anni ’50. Prodotta e acquistata nel 1977 e utilizzata fino al 1985, quando il centro clinico venne trasferito. La macchina usava il cesio-137 sotto forma di 93 grammi di cloruro di cesio.